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GIORGIO da Castelfranco detto Giorgione

Giorgio oZorzi daCastelfranco dettoGiorgione
(Castelfranco Veneto, 1478 circa – Venezia, 17 settembre 1510), è stato un pittore italiano, cittadino della Repubblica di Venezia, importante esponente della scuola veneta.

Non si conosce con esattezza la data della sua nascita ed è difficile delineare la sua biografia poiché i documenti che lo riguardano sono pochissimi e si concentrano tra il 1506 e il 1508.  I contemporanei lo chiamano Zorzi o Zorzo (Giorgio) da Castelfranco e poi venne appellato come Giorgione, probabilmente per la sua corporatura robusta, fu nominato tra i pittori “eccellentissimi” da Baldassare Castiglione, nel suo Cortegiano del 1528 e successivamente troviamo riscontro di tale appellativo in Paolo Pino, scrittore attivo a Venezia a metà '500, nonchè modesto pittore, nel suo breve trattato Dialogo di Pittura.

Zorzo giunse a Venezia giovanissimo, frequentando la bottega di Giovanni Bellini. Narra Carlo Ridolfi che, al termine dell'apprendistato, tornò nel suo paese natale, dove si impratichì nella tecnica dell'affresco presso alcuni artisti locali e che sfruttò questa competenza in laguna, dedicandosi alla decorazione di facciate e di interni di palazzi, a cominciare dalla sua stessa residenza in Campo San Silvestro. A conferma di quanto scriveva Ridolfi nel 1648, gli storici del Cinquecento e del Seicento elencavano un cospicuo numero di affreschi eseguiti da lui, purtroppo molti sono andati perduti: ancor oggi però possiamo vedere ciò che rimane della Nuda (1508), messa in salvo nel 1937 dalla facciata del Fondaco dei Tedeschi, ormai quasi completamente deteriorata e conservata presso la Galleria delle Accademie (la decorazione ad affresco, che dovette interessare tutto il palazzo in riva al Canal Grande, completava il nuovo Fondaco, ricostruito dopo il feroce incendio che distrusse il precedente edificio nel gennaio del 1505, con l'occasione Giorgione assunse come collaboratore il giovane Tiziano); gli affreschi del Duomo di Montagnana, dove ci sono un David e una Giuditta scoperti nel 1930, nell’ambito di alcuni lavori di restauro delle pareti del Duomo: riemersero dall’intonaco che per chissà quanto tempo li aveva celati e per decenni attorno a queste straordinarie figure, di altissima qualità.  Sulle prime due opere a lui ascritte, che si trovano nella sua città natale (Castelfranco Veneto), la critica ha a lungo dibattuto se collocarle prima o dopo la sua formazione veneziana, propendendo per la seconda ipotesi.   Si tratta del Fregio di casa Marta (Pellizzari o anche detta Casa Giorgione) e della pala in Duomo.   La Pala di Castelfranco (1503-1504) affronta l'inedita resa all'aperto del grande tema della Sacra conversazione, impostato da Bellini e da Antonello da Messina, entro spaziose strutture di un'architettura quattrocentesca, costituisce l'esordio indipendente di Giorgione al momento del suo ritorno nel paese natale dopo gli anni trascorsi a Venezia. È impostato come un'altissima piramide, con al vertice la testa della Vergine in trono e alla base i due santi che si trovano in basso davanti ad un parapetto; il san Francesco è ripreso dalla pala di San Giobbe di Giovanni Bellini.

E' difficile indicare di chi Giorgione sia stato allievo: forse fu iniziato dal Giambellino, ma sentì anche il fascino di Cima da Conegliano, come pure studiò incisioni nordiche e leonardesche: fu Vasari il primo a sottolineare il rapporto tra lo stile di Leonardo da Vinci e la "maniera" di Giorgione, secondo il suo parere, l'attenzione del pittore di Castelfranco per i paesaggi sarebbe stata influenzata dalle opere del genio toscano di passaggio in laguna.

Come per Raffaello (entrambi muoiono giovani), la sua carriera artistica si sviluppa in un breve arco temporale (una decina d'anni o poco più), ma alquanto prolifica, al punto da riuscire a recuperare molte opere e di notevole spessore.  Un primo gruppo di opere, che denota un atteggiamento figurativo, può essere spalmato tra gli ultimi anni del Quattrocento ed il 1505 circa.  Esso comprende la Natività (già Benson, del 1500 circa) e l'Adorazione dei pastori (già Allendale, 1505) entrambi conservati nella National Gallery of Art di Washington; la Prova del fuoco di Mosè (1502-1505 circa) e il Giudizio di Salomone (1501 circa) entrambi conservati nella Galleria degli Uffizi a Firenze; la Giuditta con la testa di Oloferne databile al 1504 circa e conservato nell'Ermitage a San Pietroburgo; il Ritratto di giovane (Ritratto Giustiniani) (1503-1504 circa) conservato nella Gemäldegalerie di Berlino; il Ritratto di giovane, 1503 circa, Museo di Belle Arti di Budapest; la Madonna Cook, (1500 circa, collezione privata italiana) e la Pala di Castelfranco, unica pala d’altare conosciuta di Giorgione, opera commissionata dal condottiero Tuzio Costanzo con intenti commemorativi e realizzata per la Cattedrale di Castelfranco.   Nuovo è il modo con il quale l'artista veneto, nell'opera presso la chiesa principale della sua città natale, (Madonna e Santi) risolve il tema della pala d'altare.  Mediante il pavimento in prospettiva e la fuga prospettica dei vari piani del trono, egli fa indietreggiare, ponendolo altissimo, il gruppo della Madonna col Bimbo, che si erge sul paesaggio aperto, ricco di una intensa luminosità diffusa.  Egli isola la Madonna nella luce, nella piena atmosfera, per una convinta necessità di linguaggio.  Il paesaggio, tranquillo e disteso, è ancora complementare, mentre diverrà protagonista nella Tempesta (1508, Gallerie dell'Accademia, Venezia).  L'opera, il cui motivo tematico è probabilmente offerto dal rinnovamento della natura, costituisce il capolavoro della fase più matura dell'arte giorgionesca.  Egli infatti induce la figura umana ad un colloquio approfondito con sé stessa, creandole attorno una nuova dimensione spaziale, quasi per isolarla spiritualmente.  Il cielo grigio e tempestoso riverbera la sua luce di tramonto sulle case fantasticamente illuminate, mentre un lampo squarcia le nubi; la luce rimbalza dal fondo, creando una vasta profondità spaziale.  

Dell'ultimo quinquennio della sua vita, oltre alla Tempesta, riconosciamo il Ritratto di gentiluomo o Ritratto d'uomo Terris databile al 1508-1510 circa e conservato nel San Diego Museum of Art (California), La Vecchia (Col Tempo) (col tempo è quanto riportato nel cartiglio che compare sopra il braccio destro della donna, la cui mano indica se stessa) probabilmente del 1506 o successivo e conservato alle Gallerie dell'Accademia di Venezia.  Del 1506, firmato e datato sul retro, ritroviamo un ritratto femminile detto Laura, un dipinto a olio su tela incollata su tavola e I Tre filosofi un altro dipinto a olio su tela, databile tra il 1506 e il 1508, entrambi conservati nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. Del ritratto Laura si tratta dell'unica opera autografata dall'artista e di uno dei pochissimi dipinti databili con certezza del suo catalogo.

Molte altre opere sono tuttora in discussione: il Cristo portacroce del Isabella Stewart-Gardner Museum di Boston (Massachusetts), le tavolette dei Musei Civici di Padova (Leda e il cigno e Idillio campestre) e della Collezione Phillips di Washington (Orfeo e il Tempo): si ritiene che la destinazione d'uso delle tavolette fosse quella di decorare cofanetti destinati a doni nuziali. Giorgione lasciò molte opere incomplete al momento della sua prematura morte, che furono completate dai suoi allievi Sebastiano del Piombo e Tiziano.  Una di queste è Il Garzone con flauto, un dipinto ad olio su tavola attribuito a Giorgione o a Tiziano, databile al 1508-1510 circa e conservato ad Hampton Court presso Londra, come pure Il Concerto campestre, databile al 1510 circa e conservato nel Museo del Louvre di Parigi o la stupenda Venere dormiente, nota anche come Venere di Dresda, un dipinto databile al 1507-1510 circa e conservato nella Gemäldegalerie di Dresda. Esso venne poi completato e in parte ridipinto da Tiziano dopo la morte di Giorgione, nel 1511-1512 circa.

Artisti contemporanei di GIORGIO da Castelfranco

 

I soldati dunque, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una parte per ciascun soldato. Presero anche la tunica, che era senza cuciture, tessuta per intero dall'alto in basso.

Giovanni (19:23)